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Sviluppo delle strutture urbane



Insediamento, fondazione e soprattutto il processo di urbanizzazione di Selinunte, colonia secondaria (di Megara Iblea) vengono qui presentati diacronicamente, cioè tenendo conto della dinamica dei tre momenti del complessivo fenomeno.

Gli scavi archeologici hanno dimostrato che i Megaresi occuparono un'ampia zona del sito dove poi sorse la polis: già alla fine del sec. VII a.C., essi avevano occupato l'acropoli, la pianura di Manuzza (l'una e l'altra su una lunga dorsale fra due vallate che consentivano la penetrazione nelle alte terre dell'interno), il sito dove ora sono i resti del
santuario della Malophoros (ad ovest della detta dorsale, oltre il Selinos-Modione), la fonte del Selinos (nell'entroterra, a nord-est della stessa dorsale), la collina orieritale (rispetto all'acropoli).

Quanto alla data di fondazione, ceramica della metà del sec. VII a.C., rinvenuta nelle tombe e sporadicamente nell'abitato di Manuzza, avvalora la data diodorea del 650 a.C., mentre la ceramica rinvenuta nella zona religiosa
di Marinella (sulla collina orientale) è risalente all'ultimo quarto del sec.VII a.C. avvalora la data tucididea del
627 a.C. Ora le due date si potrebbero, secondo il Lepore, conciliare, ipotizzando un iniziale insediamento progressivo in accordo con i gruppi indigeni e, in un secondo tempo, la creazione vera e propria della polis. 

C'è chi suppone che la ripartizione dello spazio urbano fosse in rapporto con la divisione del territorio della città; cioè che la lottizzazione dell'abitato (come anche delle zone delle necropoli fuori dell'abitato stesso), che dapprincipio era fondamentalmente rurale, riproducesse il sistema della divisione agraria; e che gli orientamenti e l'articolazione degli assi della città corrispondessero a quelli della lottizzazione del territorio.

Il confine concreto tra spazio urbano e necropoli e campagna fu fissato successivamente con le mura di difesa,
la cui costruzione va fatta risalire al sec. VI a.C., per difendere la città o contro la minaccia di altre città greche
(forse di Agrigento) o contro le popolazioni confinanti (Fenicio-Punici, Elimi). Certo è che già all'inizio dello stanziamento, sotto l'autorità dell'eroe fondatore (l'Oikistés) l'impianto urbano era già ideato e definito: un piano costruttivo generale con i suoi assi, con i suoi grandi orientamenti, con degli isolati allungati ed una rete di strade parallele e perpendicolari; piano che se da un lato era legato alla natura del terreno, dall'altro inglobava in una visione unitaria, geometrica e funzionale, l'acropoli, i borghi ai lati dell'acropoli, la collina orientale, due zone di abitato: l'una rivolta verso il mare e probabilmente in contatto con gli elementi indigeni rimasti nei pressi del santuario della Malophoros, l'altra rivolta verso il retroterra in rapporto con lo stanziamento indigeno di Manuzza. Scoperte archeologiche hanno pure mostrato che il passaggio dei centri indigeni alla colonia sembra essersi verificato, dopo un primo periodo di simbiosi, più per integrazione che per distruzione.

Dal tracciato primitivo si passò all'urbanizzazione durante la seconda o terza generazione dopo la fondazione(come
sembrano dimostrare gli scavi).
Lo sviluppo urbano qui a Selinunte (come nelle altre colonie greche di Sicilia) non si fece a macchia d'olio e per giustapposizione, ma secondo un processo interno di subordinazione e di articolazione. Ma furono soprattutto l'apparizione e lo sviluppo delle costruzioni monumentali e delle grandi architetture religiose che trasformarono il
paesaggio di un abitato a carattere rurale in un paesaggio urbano vero e proprio.
Il processo di urbanizzazione si sviluppò, con la migliore approssimazione, nel corso del VI e del V secolo a.C.,
probabilmente in coincidenza con la instaurazione della tirannide o col ristabilimento di un regime aristocratico o oligarchico in seguito alla spedizione, fallita, di Dorieo.
Lo sviluppo delle strutture urbane finì con gli avvenimenti della fine del sec. V a.C., che vide il grande attacco dei
Cartaginesi. A partire dal 570 a.C., furono realizzate le opere più impegnative dell'architettura monumentale, fatte
di elementi di provenienza diversa, specialmente dall'Est, ma rielaborati con l'intento di farne opera autonoma. E
va sottolineato che tale fiorire di complessi monumentali, reso ovviamente possibile da condizioni economiche particolarmente favorevoli, voleva soprattutto affermare la supremazia delle idee religiose e delle espressioni architettoniche di fronte al mondo indigeno e fenicio-punico.
A differenza di quanto si verifica nelle piante dette ippodamee (infatti le teorie simboleggiate dal nome di
Ippodamo cominciarono a diffondersi in Occidente nella prima metà del sec. V a.C.), le aree riservate negli impianti di epoca arcaica, piuttosto che inserirsi nella trama dell'abitato, sembrano occuparne posizioni marginali o
punti di articolazione fra zone che hanno una relativa autonomia. Tuttavia esse sono in stretta connessione con i grandi assi che fanno da ossatura alla pianta, anche se l'orientamento degli edifici non rispecchia sempre quello
della pianta.
Da sottolineare che le zone riservate ai bisogni politici, civili, religiosi della città conservarono sempre la loro autonomia, anche perché la pianta e gli orientamenti dell'insieme della città stessa non subirono quasi trasformazioni. 

L'evoluzione urbana di Selinunte è stata oggetto di recenti ricerche in quattro quartieri, ed è risultata diversa da un quartiere all'altro:

1) alla foce del Selinos è stato scoperto (1977) un secondo porto (il primo era sito sul litorale della vallata tra
l'acropoli e la collina orientale) con un quartiere di abitazioni o di officine incluso nello stesso tracciato di quello dell'acropoli e abitato ininterrottamente dalla fine del VII alla fine del V secolo a.C., e forse anche nel periodo
ellenistico. Attorno al santuario della Malophoros, a nord-ovest della foce e ad ovest del Selinos-Modione, che fu
impiantato in data non esattamente conosciuta, non è dimostrato che si sia sviluppato un piccolo centro abitato;

2) nella zona di Manuzza il tracciato risulta essere stato indipendente, pur se contemporaneo, da quello
dell'acropoli, dovendosi adattare alle condizioni topografiche; la strada principale fu allargata a più riprese verso la metà del VI secolo a.C., (da circa m. 4 a circa m.6) con conseguente arretramento delle case. Il quartiere non fu risparmiato dalla distruzione del 409/408 a.C., le rovine furono livellate e vi fu ricostruito un nuovo abitato con muri fatti, come nel periodo precedente, con piccoli blocchi;

Incrocio tra una plateia e uno stenopos sul piano di Manuzza dove gli scavi stanno portando in luce la struttura urbana della città antica

Isolato posto in luce sull'estrema punta nord-ovest del piano di Manuzza, sede della città arcaico-classica

 

 

3) sulla acropoli (nome geograficamente inesatto ma funzionalmente giusto), cioè sulla zona sud della dorsale che si allarga da Manuzza verso il mare, tra le due valli sui cui litorali poi furono costruiti i due porti, la parte a nord della strada F venne destinata a zona residenziale che si collegava con la Manuzza, mentre la parte sud era riservata alle funzioni religiose. Nella zona residenziale sorse un impianto arcaico di isolati disposti parallelamente alla linea della  costa. Siccome le case, costruite in piccole pietre, aprivano a sud sul loro cortile e il cortile apriva sulla strada, la rete delle strade doveva necessariamente essere orientata est-ovest; la ragione per cui le case erano ubicate all'interno degli isolati, non allineate lungo le strade e disposte perpendicolarmente alla rete delle strade, poteva essere che il cortile, con i suoi ambienti annessi, aveva una funzione fondamentale: vi entravano i carri, vi erano depositati comodamente gli utensili, ecc.. Gli isolati (larghi circa m. 30) e le strade (larghe m. 3,25) non variarono mai. L'abitato pare, dalle stratigrafie, sia stato abbandonato verso la metà del sec. VI a.C.; le abitazioni arcaiche furono distrutte o rase al suolo; al loro posto vennero costruiti degli edifici in grossi blocchi (intorno al 500/480 a.C.), che se da un lato conservarono gli allineamenti degli edifici precedenti, dall'altro erano più grandi fino a raggiungere il limite delle strade; lungo le strade nuovi muri presero il posto dei precedenti ma le disposizioni interne subirono profonde modificazioni: le abitazioni private, consistenti originariamente in stanze uniche primitive, si arricchirono in seguito di parecchie stanze.
Nella vasta zona sacra, che comprendeva circa la metà (a sud della strada F) dell'acropoli, sorsero sin dalla fine del sec. VII a.C., elementi cultuali (come cappelle votive, aree, recinti sacri) il cui orientamento era indipendente da quello dell'impianto urbano. Qui si continuò ad edificare nel corso dei due secoli successivi, e indipendente rimase tale orientamento anche quando (verso la metà del sec.VI a.C.) del temenos monumentale dei templi C e D fu fissato il tracciato materialmente con muri; e anche quando lo stesso temenos fu rettificato verso l'inizio del sec. V a.C. non condizionò il tracciato urbano, che fu anzi l'elemento determinante: il limite occidentale del temenos si allineò sul grande asse nord-sud, il che provocò la distruzione di alcuni edifici (altari) e l'integrazione dei primi gradini della krepìs del tempio D che oltrepassavano il muro perimetrale; più a sud tale sistemazione provocò inoltre la distruzione parziale di un edificio precedente situato ad ovest del tempio C. Anche sul lato sud, la costruzione del muro perimetrale determina delle modifiche negli edifici anteriori.
Non è dunque, come si era creduto, il muro perimetrale che definì le strutture del tracciato urbano; è quest'ulti-
mo, realizzato intorno al 570/560 a.C., che determinò la regolarizzazione del temenos. 

Il gusto nuovo per il monumentale e la tendenza a ristrutturare gli spazi si tradussero nella sistemazione della parte Est: a questo scopo venne realizzato un vasto spiazzo che metteva in valore le facciate dei templi; questo spazio era sostenuto nei lati Est e Nord da un magnifico muro a gradini che nell'angolo Nord-Est, seguendo il pendio del terreno, dava accesso al santuario tramite una rampa.
Malgrado le successive trasformazioni (costruzione di un muro sul luogo del passaggio, con una porta chiusa in seguito) si riesce ad immaginare l'ampiezza di questo imponente dispositivo: un vero e proprio sfondo scenico fu realizzato all'inizio del V secolo a.C., con la costruzione di un portico a due ali, il cui colonnato era in armonia con le colonne dei templi della collina orientale che si profilavano ad oriente.
Era questa una composizione di grande forza e di vasta prospettiva, le cui linee nettamente disegnate permette-
vano allo sguardo di spaziare su uno dei più ampi paesaggi del mondo greco occidentale. Nel settore Sud, nel primo quarto del sec. VI a.C., furono realizzati i templi A e 0; il settore Sud-Ovest restò aperto.
 

4) Sulla collina orientale è certo che nessun abitato si sviluppò, ma che vi era solo una grande area sacra, sulla quale per primo fu edificato il tempio El (nella stessa epoca in cui furono edificati i primi luoghi di culto dell'acropoli), in seguito i templi F-G-E2 (quest'ultimo creato nello stesso sito dell'E l e che ora si vede rialzato).

Si ribadisce che l'edificazione degli edifici monumentali qui a Selinunte non influì sulla organizzazione delle zone riservate all'abitato; ne è prova, se ce ne fosse bisogno, che i grandi lavori del temenos dell'acropoli iniziarono, come s'è detto, solo intorno al 560 a.C..

 

 

L'influenza cartaginese

Nel primo quarto del sec. IV a.C. a Selinunte una gran parte della città, rimasta nella zona d'influenza cartaginese (in seguito alla vittoria cartaginese a Kronion nel 378 a.C., e al conseguente trattato che fissava sul fiume Alykos la separazione di questa zona da quella siracusana) rimase deserta: solo il quartiere di Manuzza fu occupato. 

Plutarco (Timolconte, 1) asserisce che verso la metà del sec. IV a.C. "la maggior parte delle città sopravvissute erano occupate da barbari di stirpi diverse e da soldati che nessuno pagava più e che accoglievano volentieri tutte le rivoluzioni". La potenza punica, che a Cartagine stessa si traduce in uno sviluppo urbano, aiutò la ripresa di città impoverite come Selinunte, mentre (Plutarco, Timoleonte, 2, 4) "altre città erano diventate ormai il regno dei cervi e dei cinghiali e gli oziosi si dedicavano a partite di caccia nei sobborghi e attorno alle mura".

Nella nostra città una nuova fase di prosperità, ovviamente accompagnata da un rifiorire urbano, si iniziò nella seconda metà del IV secolo a.C.. La città venne ricostruita sul sito primitivo, ma in un modo molto più limitato: sull'acropoli. Infatti, a partire dal 370/360 a.C. il quartiere di Manuzza fu abbandonato, e occupato da necropoli intorno al 350 a.C. La ricostruzione sull'acropoli fu fatta in condizioni completamente diverse da quelle del VI e V secolo, essendovi l'influenza punica preponderante e punica essendo sicuramente una parte della popolazione: infatti l'abitato, i luoghi di culto, le strutture urbane assunsero i caratteri specifici delle città punico-greche di questo periodo.
La grande zona sacra della parte meridionale dell'acropoli fu occupata senza nessuna organizzazione, mentre la parte sud-ovest fu sistemata secondo un tracciato di strade nord-sud. La parte settentrionale, già abitata nei periodi precedenti, fu livellata, ma rimanendo tuttavia visibili strade e allineamenti; anche se i livelli del V secolo
furono rimaneggiati, le fondamenta delle case nuove vennero ad appoggiarsi il più delle volte sui muri ed i livelli del VI secolo. Forse questa ricostruzione deve interpretarsi come una reazione dei Cartaginesi contro la minacciosa pressione politica di Timoleonte, sbarcato nei pressi di Taormina nel 344 a.C., verso la Sicilia occidentale.
Successive trasformazioni e distruzioni sulla parte meridionale dell'acropoli sono forse da mettere in rapporto con il passaggio di Pirro venuto nel 270 a.C. per assediare Lilibeo. Sta di fatto che il carattere orientale dell'urbanistica si accentuò: la grande strada nord-sud diventò un'arteria commerciale, fiancheggiata sui due lati da botteghe spesso indipendenti dalle case interne.
Infine, secondo quanto opinano alcuni, in quegli stessi anni le già potenti fortificazioni dell'acropoli furono
rafforzate a nord da un complesso sistema difensivo; ad est e a sud-est la vecchia cinta muraria fu raddoppiata con
una nuova linea difensiva (questa si, certamente punica), che permetteva la protezione di una zona di passaggio fra le due cortine.
A sud-ovest una nuova porta fortificata fu aperta in direzione del porto all'estremità dell'asse est-ovest, che formava l'ossatura della nuova zona di abitato insediato negli antichi santuari. La zona meridionale dell'acropoli non
perse completamente il suo primitivo aspetto religioso, perché‚ vi si inserirono i santuari punici e alcuni altri edifici
(come una costruzione a colonne nell'angolo sud-est).
Tuttavia l'interno del temenos fu ricoperto completamente da un nuovo abitato; i recinti sacri, le are e i piccoli san-
tuari furono rasi al suolo e le loro sparse membra furono riadoperate nelle fortificazioni.