Menù

Specialità alimentari

Il "cous cous", la "pula punica" (come la chiama Catone) che ancora si gusta nei ristoranti della zona è una gustosa ricetta culinaria inventata proprio dai Cartaginesi.
Una salsa pregiata punica è il "garo", il "garum" (dei romani, estratto dagli intestini e dalla coda di diverse specie di pesci (a seconda della qualità), per condire piatti di carne, pesci, agnello e pollo.

Certo i Punici erano ingegnosi a manipolare quelle salse più atte a stuzzicare i palati sazi di ogni cibo.
Petronio fa portare alla cena di Trimalcione un gran piatto avente ai quattro lati quattro statuette che stillavano il "garo" da otrelli.

Plinio (XXX,44) dice che il "garo" si fa da un piccolo pesce, macerato nel sale, stemperato e spremuto.


In seguito si usava prepararlo con lo sgombro, mentre ai giorni nostri si fa con le uova di storione o di tonno.
Seneca chiamo' "sanie" la salsa di "garo" mentre Marziale la definì "fece".
La degustazione del vino era generalizzata.
Per provare a lungo la voluttà del bere senza essere portati all'ebbrezza, si soleva, prima di mettere mano alle anfore vinarie, mangiare un poco di cavolo crudo, nella convinzione che tale ortaggio avesse virtù di impedire i pericolosi effetti del vino (Ateneo, II, 26).

I Greci, al contrario, credevano di impedire che i fumi del vino salissero al cervello, cingendosi il capo di corone d'edera o di fiori (Plutarco, op. Disp. Conviv. III, I).
Il "vino passito" fu una loro invenzione.
Magone descrive la ricetta del "passum", il passito.
Si raccoglievano i primi grappoli maturi, avendo cura di eliminare quelli ammuffiti o guasti, poi si esponevano al sole su una canna, curando di proteggerli dalla rugiada, coprendoli durante le ore della notte.

Quando i grappoli diventavano secchi (uva passa) si staccavano i grani in una giara, ricoprendoli di mosto.
Dopo sei giorni si spremevano e si raccoglieva il liquido. Ultimata questa operazione si pigiava la vinaccia, aggiungendovi del fresco fatto con altra uva fresca tenuta al sole per tre giorni, infine si sigillava il vino in vasi di creta, da aprirsi dopo una fermentazione di 20 o 30 giorni.